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Bochesmalas

martedì 19 luglio 2011

Un frammento da "Requiem"





REQUIEM
I
INTROITUS
Requiem aeternam dona eis, Domine:
et lux perpetua luceat eis.
Exaudi orationem meam,
ad te omnis caro veniet.
Le voci si sovrapponevano in vari strati; alcune erano lievi e morbide, altre aspre, altre ancora cupe. Il medesimo percorso le portava a unirsi in un bisbiglio sommesso e compatto che si concludeva ritmicamente con l'eco di qualche parola fuori dal coro.
Il vento strisciava sinuosamente dietro i pesanti tendaggi scuri spargendo in tutta la sala il profumo dei fiori e l'odore delle persone.
Il riverbero delle fiammelle dei lumicini donava un po' di colore alle guance incavate dell'uomo e le ombre che ne nascevano ne marcavano i lineamenti come una maschera spettrale. L'abito grigio sembrava vuoto, come se il vento si fosse infilato dentro spingendo via il corpo freddo e scarno.
Le donne erano riunite in piccoli gruppi intorno al letto. Qualche lacrima si faceva spazio tra le rughe; qualche sorriso brillava nell'oscurità richiamato dalla stretta di una mano o da qualche carezza.
Alcune ombre scivolavano veloci nella luce livida.
I bambini si rincorrevano in silenzio; alcuni ruzzolavano sotto le gambe accavallate delle madri, e il più piccolo riuscì ad arrivare in salvo ai piedi del letto con la sua pietrolina verde ben stretta nel pugno, mentre altri lo guardavano immobili nella loro ira sulla soglia della porta.
Una vecchia sgranava il rosario mormorando parole silenziose tra le gengive spoglie al di sotto del velo nero.
Il prete era appena andato via riportandosi indietro un paio di chierichetti brufolosi e svogliati e la sala era ritornata ai più svariati argomenti; dal totocalcio alle calze di nylon, passando per le ultime novità sulla soap opera del momento.
I vassoi con il caffè e i dolci induriti passavano silenziosamente sorretti da gambe stanche avvolte in calze sfilacciate e il suono dei cucchiaini che tintinnavano sulla porcellana si univa al brusio delle voci di una sinfonia tetra e irritante.
Qualche ombra svanì oltre la soglia.
Arrivarono altri fiori, altri telegrammi, ma non riuscivano più ad attirare l'attenzione di nessuno. Non c'è alcuna differenza tra i secondi e gli ultimi: vengono sempre dopo i primi e l'attenzione svanisce.
Qualcuno dietro un grembiule armeggiava con i fornelli e l'odore del cibo si posò sui panni gelidi della morte.
Un carillon si mise in movimento sopra un mobile apparentemente senza nessun intervento umano. Le teste si voltarono per un istante, poi ripresero a occuparsi di altro.
Il morto proseguiva il suo viaggio verso il gelo, in solitudine, dentro l'abito grigio voto, dentro le palpebre chiuse.
Il sangue stagnava immobile raggrumandosi dentro le vene rigide. La pelle collassava sulle ossa non avendo più il sostegno della muscolatura e le cellule cominciarono a marcire lentamente affogando nel liquame sempre più denso e povero di emoglobina.
- Copritemi, ho freddo.
Le ciglia ebbero un tremito ma non si schiusero, erano come incollate.
- Toglietemi le scarpe... Sono strette!
L'indice della mano destra riuscì a spostarsi di un paio di millimetri che, in ogni caso, non erano sufficienti per raggiungere la persona più vicina.
- Aiuto.
Le labbra bluastre non riuscivano a separarsi. L'aria non riusciva a passare nei bronchi intasati di secrezione e sangue.
Un uomo vestito di nero con il cappello tra le dita lunghe e nodose esponeva ai parenti le condizioni per la sepoltura e le diverse rifiniture delle bare con vari optional a disposizione e il comfort superiore del modello di punta.
- Aiuto.
Una donna, intanto, preparava la busta per il prete dopo essersi consultata con le più anziane per la cifra da inserire.
- La cravatta è troppo stretta...Non respiro!
Qualche radiolina comunicava ad alcuni orecchi appiccicati i risultati delle partite e un paio di grosse pance ebbero un sussulto sulle sedie malferme.
- Un po' di acqua per favore.
Arrivarono i parenti dall'estero e la sala si rianimò. Le voci salirono di tono e si riprese a parlare del morto e subito dopo del tempo, del viaggio, del lavoro, degli altri morti.
Riapparvero i vassoi sotto una nuvola di fumo aromatico e i cucchiaini ripresero a tintinnare.
- Ho sete.
Una ragazzina accese le candele rosse dei candelabri d'argento e una vecchia con un occhio solo sorrise apprezzandone il gesto. Il vecchio che le stava accanto, invece, apprezzò maggiormente il contenuto del vestito della ragazza approfittando del suo passaggio per dare un'annusatina.
- Aiuto!
Il vestito grigio non si muoveva.
- Liberatemi.
Le corde vocali si agitavano nel cotone senza riuscire a liberarsi dall'ovatta intrisa di sangue.
Entrarono alcuni medici e infermieri dell'ospedale che aveva appena lasciato e in molti si alzarono per ringraziali. L’avevano assistito per mesi interi e l’avevano restituito ai parenti anche se questo andava contro il regolamento dell'ospedale; avrebbero dovuto lasciarlo nella camera mortuaria del nosocomio.
- Grattatemi l'occhio per favore!
Il vestito grigio era una prigione e il vuoto intorno cresceva nutrito dal trascorrere del tempo.
Arrivarono anche i colleghi di lavoro e la sala si riempì in ogni ordine di posto; satura oltre ogni limite di sopportazione e respirazione con il rischio di straripare da un momento all'altro.
- L'occhio sinistro per favore!
La moglie e i parenti più stretti si recarono in cucina a turno per mangiare.
- Anch'io ho fame!
Un grumo di sangue si staccò dal cotone e andò a posarsi sull'ugola provocandogli un prurito insopportabile e un'irresistibile voglia di vomitare. Ma solo una gocciolina scura scivolò fuori dall'angolo destro della sua bocca.
- Aiuto.
Due vecchie assonnate pregavano con lo sguardo rivolto al cielo.
Un bambino fece finta di cadere per terra per guardare sotto la gonna di una ragazza bionda.
Il crepuscolo prese il posto del giorno e la sala divenne più scura e triste. Qualche insetto svolazzava intorno al lampadario e i bambini cominciarono a crollare uno dopo l’altro come delle tessere del domino, falciati dal sonno.
II
KYRIE
Kyrie eleison
Christe eleison
Diverse bocche con i denti incapsulati e con le dentiere ingiallite sbadigliarono. Un uomo di mezza età starnutì. La testa di una vecchietta con gli occhiali spessi cadde pesantemente sulla testa calva di un uomo impegnato a sfogliare un quotidiano sportivo causandone un'ira sproporzionata. La vecchia si destò di soprassalto e si guardò intorno senza capire. L'uomo l'apostrofò in malo modo e si allontanò dalla sala massaggiandosi il cuoio capelluto dolente.
- Aiuto.
Un grosso gatto maschio capitato lì per caso cominciò a spargere la sua urina in ogni angolo senza risparmiare tappeti orientali preziosi, tende e anche la caviglia nuda di una ragazza.
I lumicini aumentarono di numero e la luce rossa evanescente creò un alone infernale intorno al vestito grigio e al suo dramma.
- Ho sonno... Andate via per favore.
In molti abbandonarono il capezzale del cadavere come se avessero udito i suoi pensieri.
Altri varcarono la soglia con il sopraggiungere della notte e si dispersero sotto la luce dei lampioni verso tutti i punti cardinali. Rimasero solo una decina di donne e fare compagnia alla moglie e a vegliare il cadavere irrequieto e i suoi incubi post mortem.
La notte entrò in punta di piedi e dispiegò le sue lunghe ali d'ombra nella sala silenziosa.
Sulle cellule morte.
Sulle vecchie in bilico tra il qua e il là.
Le voci all'unisono: 
- Lord have mercy on us...
- Seigneur, prends pitiè.
- Herr, erbarme Dich unser.
Qualche fiore che aveva visto tempi migliori si piegò su un fianco.
- Andate via...
L'alba sorprese la moglie e le vecchie sopravvissute nel sonno. I lumicini ancora ardevano nella caligine e nel vestito grigio s’insinuò il terrore. Le palpebre tremavano ma nessuno se ne accorse.
- Ehi! E' un'ora che vi chiamo! Aiutatemi...sono vivo.
Gli uomini delle pompe funebri arrivarono con gli occhi rossi e un forte odore di alcol addosso. Passarono attraverso l'odore di fiori e persone marce e senza molte parole in bocca sistemarono il corpo nella bara foderata di raso rosso. Le vecchie levarono gli occhi ingialliti verso di loro e ne seguirono i movimenti con estrema attenzione.
- Noooooo!
Gli uomini delle pompe funebri lasciarono dare l'ultimo saluto e poi, appena l'ultima mano si scostò dalla salma fissarono il coperchio.
- No!...Fermi!
Arrivò molta gente, mentre gli uomini delle pompe funebri fumavano nervosamente e il carro funebre scaldava i motori giù in strada. Il prete agitò l'aspersorio sulla bara mormorando alcune parole incomprensibili a denti stretti e il cadavere con il suo abito di legno venne sollevato in aria da braccia forti.
- Aiutoooooo!
La cassa venne sballottata con incuranza vicino alle teste che la seguirono con gli occhi sin dentro il carro funebre fiorito.
In molti si strinsero la mano; qualcuno pianse e qualcun altro attendeva con impazienza l'arrivo delle nipoti straniere.
Il corteo si mise in moto verso la cattedrale. Lento. Silenzioso. Inesorabile.
- Vaffanculo!
Il tragitto era breve e facilitato dallo scarso traffico del giorno che ancora si stava destando. Non c'erano ali di folla da attraversare. Solo qualche ignaro passante che seguiva con sguardo sorpreso e mano destra sotto l'impermeabile.
La messa, le condoglianze, rimbombavano senza pietà dentro il baule e il vestito grigio si agitava in preda a un assurdo panico, feroce e doloroso.
- Aiutatemi...per favore...
La luce verde dentro le palpebre chiuse. Una mano tesa.
Il cimitero con il suo viale alberato lo accolse a braccia aperte. Le voci salivano a miriadi fluttuando nella foschia. Le parole si libravano in alto spinte dalle esalazioni. Migliaia di storie, di vite, di dolori.
- Ashes to ashes.
- Dust to dust.
La terra cadeva pesantemente sul legno con un tonfo sordo che rimbombava nei timpani insanguinati. Non aveva più niente da dire, niente da pensare. La pala si conficcava dolorosamente nella terra umida e rilanciava con sempre maggiore violenza. La partita era persa.
- Rest in peace.
I passi sulla sua testa erano sempre più lontani e indifferenti e le voci delle donne che ronzavano nelle orecchie in un fastidioso brusio mutarono in un canto dolce e irresistibile di voci eteree e ammalianti.
L'occhio verde si aprì in cima alla scala e la mano protesa riuscì ad afferrare la sua e lo portò con sé.
III
SEQUENTIA
1 DIES IRAE
Dies irae, dies illa
Solvet saeclum in favilla
Quantus tremor est futurs,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus!
L'uomo si ritrovò davanti a un'immagine sbiadita e confusa. Si avvicinò e provò a concentrarsi per mettere a fuoco quella massa informe di colori e figure immobili nella nebbia ma non riuscì a decifrare nulla.
Cercò, quindi, di servirsi del tatto per riuscire a comprendere di cosa si trattava e la sua mano riportò indietro sensazioni intense e affascinanti, ma incomprensibili. Il suo cervello selezionava, vagliava e poi scartava innumerevoli informazioni senza giungere a nessun risultato, ma il cuore, irrazionale e passionale, batteva impetuosamente, spinto dalla curiosità e dall'irresistibile fascino di quell'indecifrabile fonte di turbamenti. Accecato dall'ira e sconvolto dal desiderio si sollevò per aria con un balzo, scavalcò la cornice ed entrò dentro.
L'odore di terra e muschio che prima invadeva le sue narici aveva lasciato il posto a un profumo delicato e indefinibile che si appiccicava addosso e penetrava nella pelle. Non provava più alcun dolore e i nervi vennero cullati e messi a riposo dal melodioso canto di giovani donne. Avvertiva una sensazione di benessere e felicità crescergli dentro e percorrere le strette vie del sistema circolatorio e i fasci nervosi. I colori e le forme divennero ben visibili e gli occhi si sollazzarono con piroette vorticose in ogni punto della scena riportando indietro al cervello migliaia di negativi da sviluppare e tradurre.
Una ragazza vestita di soli lunghi capelli neri gli tolse il vestito grigio e le scarpe strette e, senza rivolgergli né uno sguardo né una parola, gli indicò un'altissima scala grigia scavata nella roccia che si trovava in fondo, tra le ombre. L'uomo distolse lo sguardo da quella figura pallida e seducente e seguì i gradini sino in cima dove brillava un enorme occhio verde. La luce fredda e irreale scivolava sui gradini più alti per poi disperdersi nella penombra. Il suo sguardo venne rapito da quel bagliore irresistibile per diversi secondi e quando si liberò si accorse che la ragazza era svanita nel nulla e solo un vapore appena percettibile gli era accanto. Cercò i vestiti, ma anche questi si erano volatilizzati e lui si ritrovò solo e nudo in un mondo strano, incomprensibile.
Un gruppo di pipistrelli gli sorvolò la testa emettendo grida stridule, ma lui non provò alcun timore e si meravigliò di questo perché aveva sempre avuto attacchi di panico incontrollabile alla sola vista di quegli animali, ma si sentiva a proprio agio in quel mondo oleoso e scuro; si sentiva sicuro di sé, forte come non lo era mai stato.
Un cavallo bianco senza cavaliere si fermò accanto a lui. Gli brucò i peli delle gambe e si allontanò sbattendo pesantemente gli zoccoli sporchi di sangue e nitrendo verso il cielo.
… E il cielo non c'era più. La roccia scura e umida ne aveva preso il posto sviluppandosi in modo uniforme e opprimente.
Un cavallo rosso fuoco passò al galoppo; il suo cavaliere si chiamava Guerra e lasciò al suo passaggio un fiume di sangue dove corpi mutilati si agitavano per cercare di vincere la corrente.
Un cavallo nero lo seguì con passo lento e silenzioso; il suo cavaliere si chiamava Fame e sparì nel buio lasciando corpi scheletrici e bambini dal ventre gonfio.
Un cavallo verdastro apparve per ultimo; il suo cavaliere brandiva la falce e mieteva vite tra i resti lasciati dai cavalli che l’avevano preceduto. 
L'uomo starnutì liberando i bronchi dall'essenza di trementina.
Da un albero si liberò una creatura gigantesca dagli occhi bianchi e le ali d'angelo. Si avvicinò all'uomo muovendosi lentamente sugli arti inferiori possenti che terminavano in radici d'albero contorte e scure. Un velo chiaro ne ricopriva il corpo metà umano e metà vegetale e la testa cornuta era circondata da grandi foglie verdi che nascevano alla base del collo.
La creatura si chinò verso l'uomo ed egli vide che aveva delle crepe sanguinanti...







Il resto della storia si trova qui:




Amen.

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